In viaggio alla scoperta di quel patrimonio inestimabile di opere, arredi, oggetti, e storie racchiusi tra le mura delle abitazioni in cui hanno vissuto, lavorato e amato molti grandi artisti
Prima della nascita dei musei, esistevano le Wunderkammer. Erano le «Camere delle meraviglie» all’interno delle residenze private, che a partire dal 1500 custodivano opere, oggetti e collezioni, che i proprietari di casa mostravano ad amici e conoscenti. Oggi, a Torino, esiste qualcosa di simile: le case private che si trasformano in museo e aprono alle porte al pubblico, quasi sempre gratuitamente e su prenotazione. In città ne esistono una decina, da casa Molinari a casa Carena, in cui si possono visitare i luoghi in cui hanno vissuto gli artisti. E, a differenza delle sale di un museo, in cui l’emozione si disperde e ci si distrae più facilmente tra la presenza di turisti e guide, entrare in queste abitazioni è un’esperienza. Ci si può perdere nell’atmosfera in cui hanno vissuto Casorati o Soffiantino, immaginandoli mentre traevano ispirazione da un dettaglio del giardino interno o dal cielo di Torino. E, soprattutto, si ha il privilegio di parlare con la loro famiglia. Capita così che, davanti ad una tazza di caffè, ci si scambi opinioni e qualche aneddoto sulla vita privata di Antonio Carena, che Pia Molinari ti racconti come è nato l’amore con il marito, o come Silvia Pirracchio è diventata la musa di Mazzonis.
Ovviamente, non dobbiamo immaginarli con l’organizzazione di un museo pubblico, ma come un fenomeno di nicchia adatto a piccoli numeri, perché le case restano private e non sono attrezzate a ospitare centinaia di curiosi. «In Inghilterra, una volta alla settimana, le residenze private aprono già al pubblico – dice Giovanni Cordero, critico d’arte ed ex direttore mostre della Soprintendenza – noi stiamo imparando da loro. Le case museo sono una chicca, in cui i visitatori sono circondati di bellezza».
A passeggio tra i “cieli” nel giardino
È un piccolo privilegio trovarsi in casa di Antonio Carena, in via Rombò 14, a Rivoli, perché la sensazione è quella di riuscire ad afferrare le sfumature della sua arte e della sua vita. È visitabile il giardino in cui Carena creava i suoi «Cieli» e anche il suo atelier, in cui ci sono ancora i pennelli, le pellicole, e il compressore che usava per dare forma alle «nuvole artificiali». Al momento la parte della casa in cui viveva è in fase di ristrutturazione, ma la figlia Giustina, per tutti Tin, continua ad organizzare passeggiate in tutti i punti che non sono invasi dal cantiere: «Amo mostrare ad appassionati o curiosi l’ambiente in cui viveva papà – dice – perché è un modo per farlo vivere attraverso i ricordi. Lui lo avrebbe apprezzato. Era un uomo che trasmetteva a tutti un amore leggero e profondo per la vita».
CRISTINA INSALACO pubblicato il 04 Settembre 2016