L’idea della galleria Dr Fake Cabinet: “Noi siamo costretti a restare in casa, ma dipinti e sculture non hanno divieti”
TORINO. La vita delle opere d’arte è sempre stata piuttosto noiosa: se ne stanno per decenni attaccate a un chiodo nello stesso spazio, appese allo stesso muro. Il loro massimo svago è viaggiare da una galleria a un appartamento, da un magazzino a una casa d’aste, o viceversa. Così i galleristi di Dr Fake Cabinet di via San Francesco da Paola 12 hanno pensato di farle uscire dai loro luoghi tradizionali stravolgendo per un po’ gli equilibri. Un po’ come sta accadendo a noi in questo periodo così complesso.
Hanno organizzato una sorta di flash mob delle opere d’arte della loro collezione portandole in mezzo alla strada, davanti alla galleria. «Noi siamo costretti a rimanere chiusi in casa, mentre non c’è nessuna circolare che vieta a dipinti, sculture e installazioni di uscire fuori anche per tutto il giorno e creare assembramenti – dice Marco Albeltaro, gallerista di Dr Fake Cabinet –. Domenica mattina le abbiamo quindi portate all’aria aperta e fotografate mentre via San Francesco da Paola era deserta».
In queste settimane tutte le nostre coordinate sono cambiate: non possiamo abbracciare amici e parenti, ma possiamo sederci per qualche minuto in mezzo a una via senza bloccare il traffico. Queste stranezze hanno portato i galleristi ad ideare il progetto, cercando di fare vivere anche alle opere d’arte una realtà insolita e surreale come la nostra. «Ogni giorno pubblicheremo sulla nostra pagina Facebook un dipinto o una scultura in strada – continua – che stimola le persone a cambiare prospettiva, a focalizzarsi sull’essenza dei lavori che spesso vengono più comprati come investimento o status symbol, e a guardare con più curiosità».
È un po’ come se vedessimo una giraffa in via Garibaldi anziché in uno zoo: ciò che è decontestualizzato colpisce più in profondità la nostra attenzione. Il progetto continuerà per almeno due mesi, con la stessa posa della foto che è una metafora dell’uscita da un tunnel, ed è un’iniziativa che è stata recepita molto positivamente dagli artisti (viventi) con i quali è stata condivisa.
È il caso di Enrico De Paris che con il suo «Escape #2864» indaga l’uomo nel suo microcosmo, e di Pablo Mesa Capella, che con «Via di fuga» ha realizzato un’opera premonitrice: un pulcino chiuso in una campana, in sospeso tra il suo passato (le uova dalle quali è nato) e il suo futuro (le uova che coverà).
Diverse opere viste con gli occhi di oggi hanno significati molto attuali: la conchiglia cubana di Enzo Obiso ci ricorda quanto il mondo oggi sia sterminato non potendolo più esplorare, i teschi di Martelli ci ricollegano alla paura della morte, e «Cielo» di Antonio Carena trasmette un’idea di libertà e di riconnessione con la natura. «È anche la prima volta che si può vedere il cielo idealizzato di Carena sotto al cielo un po’ meno idealizzato – dice Albeltaro – che è il nostro».
ARTICOLO DI : CRISTINA INSALACO LA STAMPA 9 APRILE 2020