Quante volte ho guardato il cielo, dice una delle mie canzoni preferite di Renato Zero. In effetti da alcuni giorni è tornato il sole e il cielo su Torino è finalmente azzurro. Eppure c’è un velo di malinconia, e scusate se oggi racconto una storia così locale, che ai lettori sparsi in giro per l’Italia non interesserà troppo. Ieri la notizia della scomparsa di Antonio Carena, Toni per gli amici. Un dandy d’altri tempi, alto, bello, leggero, elegante. Soprattutto il pittore dei cieli, finestre dipinte su mondo ideale, così come avremmo potuto immaginarcelo. Cieli azzurri o grigi, sereni o pieni di pioggia, per gente con la testa tra le nuvole, che cammina con la testa per aria pur rischiando di inciamparsi.
Nel 1984 apre il Castello di Rivoli dopo il lungo e prezioso restauro di Andrea Bruno. Proprio l’architetto incaricato di sposare l’arte contemporanea con il settecento juvarriano affida ad Antonio Carena la volta posta sulla tromba delle scale, dove lui dipinge uno squarcio di cielo, come a dire che il soffitto è solo un’illusione ottica. Una commissione cui Toni teneva molto perché Rivoli è la sua città.
Alcuni anni fa, l’ex direttrice Ida Gianelli decide di coprire la volta perché l’azzurro infastidisce le scritte ai muri dell’artista americano Lawrence Weiner, modesto concettuale incensato da critici altrettanto modesti. Il cielo non c’è più, Toni ci resta male, ma con lo stile che lo ha sempre accompagnato non dice nulla, non chiede nulla. Sono in pochi a sostenere la sua causa (io per esempio ne scrissi su Torino Sette, settimanale de La Stampa, indignatomi contro quell’atto di censura degno erede dell’arte degenerata o dello stalinismo).
Qualche settimana fa, dopo la nomina dei nuovi direttori Andrea Bellini e Beatrice Merz, a Rivoli sollevano il problema, e perché siamo in campagna elettorale, e perché Toni se ne sta andando. C’è pure una manifestazione per recuperare il cielo e i due nuovi inquilini del Castello si dicono disposti a intervenire. Ma a Toni le polemiche non sono mai piaciute. Scompare in punta di piedi, come nel suo stile elegante, lasciando altri ad accapigliarsi e noi, che lo abbiamo sempre stimato, ad alzare gli occhi, un’ultima volta, cercando un altro po’ d’azzurro.
DI LUCA BEATRICE